Il ruolo di chi cucina

IL RUOLO DI CHI CUCINA

Chi cucina ha una grande responsabilità che, purtroppo, il più delle volte non è presa in considerazione. Nella maggior parte dei casi i cuochi imparano a cucinare per dare un piacere immediato, non pensando però alle conseguenze che possono derivare dagli alimenti mal associati, dal modello di una dieta alimentare sbagliata.
Lo stesso discorso vale anche nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità.
L’attitudine corretta è quella di cucinare con consapevolezza, coscienza e dedizione, seguendo il modello di una dieta alimentare che può migliorare corpo, mente e anima.
Quello che cuciniamo dovrebbe da una parte corrisponderci, dall’altra seguire le indicazioni di una grande scuola alimentare che abbia dei fondamenti etici, filosofici e spirituali.
La nostra comprensione è limitata da quello che sappiamo e che abbiamo messo in pratica. Se, come accennato sopra, riscontriamo delle incongruenze, significa che quella scuola ha delle lacune. Se invece, in ogni stadio conoscitivo ed evolutivo che superiamo, tutto rimane coerente e funzionante, significa che quella scuola sarà giusta anche negli aspetti che non capiamo. Potremo allora fidarci e seguirla con sicurezza, come nelle tre grandi tradizioni che ho considerato.
La chiave di una cucina che dia benessere è in fondo molto semplice: cucinare gli ingredienti della stagione e del luogo con amore e rispetto.
Protagonista dell’alimentazione sana è la Natura stessa di cui il nostro corpo è parte integrante. Chi cucina ha il ruolo di tramite tra il cibo e l’ospite. L’alimento è trasformato perché sia più digeribile, al contempo ha più forza se ne salvaguarda l’essenza nel colore, nel gusto, nel profumo e nella consistenza. Potete trovare a riguardo approfondimenti nei libri che ho pubblicato, in particolar modo Il codice della cucina vegetariana.
Altro aspetto fondamentale è l’attitudine mentre si cucina. Essere puliti dentro e fuori, essere sereni, considerare cibo e ospite elementi preziosi in relazione tra loro, avere un’attitudine di servizio. Tutto ciò migliora la qualità in forma e sostanza. Infine l’energia del cibo è molto diversa se si trasformano dei vegetali oppure della carne, se gli ingredienti sono biologici o se arrivano dall’agricoltura industriale.
Relazioni e cibo
Il cibo è l’elemento principe che ci può avvicinare a noi stessi, agli altri, alla natura fenomenica e a Dio.
Durante la gestazione siamo legati a nostra madre attraverso il cordone ombelicale. Una volta nati, siamo nutriti prima dal suo seno, poi dalle mani che cucinano per noi. Molti dei momenti importanti li passiamo a tavola, in famiglia, alla mensa scolastica, con gli amici, quando usciamo per la prima volta con il nostro compagno, quando ci sposiamo, durante le cene d’affari e così via.
È facile capire come il cibo che riceviamo o che scegliamo sia determinante per la buona qualità della relazione.
Il cibo ci accompagna sempre, quando siamo sani a mantenerci sani, quando malati a guarire. Ci sono momenti della vita in cui ne abbiamo bisogno in maggiore quantità, altri dove ne consumiamo meno. Ci sono delle regole difficili però da mantenere sempre perché le eccezioni e i cambiamenti sono infiniti.
In generale, ad esempio, nei momenti di grande sforzo è meglio rimanere leggeri, quando pensiamo, o siamo sotto pressione mangiare alimenti nutrienti e caldi, se meditiamo mangiare poco e respirare molto. Un cibo pesante prima d’affrontare la scuola impedirà ai ragazzi di partecipare in modo lucido alla lezione, un alimento cucinato con disamore da una mamma non trasmetterà affetto al figlio.
A volte però, se siamo ispirati o innamorati digeriamo anche i sassi, se invece abbiamo perso di controllo l’accumulo di tensioni o di frustrazioni non assimiliamo nemmeno una goccia. È necessario, in quel caso, ripristinare l’equilibrio e allora tutto fluisce di nuovo.
Mangiando capiamo molto del nostro organismo e delle energie che lo muovono. Con il cibo ci gratifichiamo. Lo apprezziamo di più o di meno secondo il nostro stato psicofisico.
È di primaria importanza adattare il cibo a ogni situazione. Quante volte ci siamo trovati in circostanze dove né una cosa né l’altra ci corrispondevano. Matrimoni con un cibo pessimo, cene d’affari con un cibo greve, cene tra amici con troppo alcool che non permette di godere del bell’ambiente, e così via.
Altrettanto importante è scegliere con chi mangiare. Nelle storie bibliche l’aspetto del cibo relazionato a con chi mangiarlo, ha sempre una connotazione precisa. Ciò succede in ogni cultura. Ad esempio, Shri Caitanya Maprabhu, ispiratore di un importante movimento religioso della cultura vedica, così com’era compassionevole verso ogni essere, era rigoroso nella scelta della persona con la quale mangiava i pasti.
Quello che mangiamo rappresenta chi siamo e quel cibo può influenzare in bene o in male chi c’è accanto.
Le persone si distinguono per lo stile della loro alimentazione e anche per le compagnie.
Cibo e pratiche evolutive
Il cibo che mangiamo è importante che segua il Dharma, l’ordine etico universale. Ognuno di noi sa che cosa è giusto, se però scegliamo degli alimenti che non seguono ciò che è giusto allora la nostra coscienza ne risente, perdiamo sensibilità e non capiamo più la differenza. Un ladro che ruba la prima volta sentirà che ciò che ha fatto non va bene, la decima non se ne renderà più conto, per il cibo avviene lo stesso meccanismo. All’inizio quando non sano o giusto, lo percepiremo, in seguito non ce ne renderemo più conto e questo lascerà una traccia nel fisico e nella coscienza.
Al contrario, seguendo una dieta corretta, dopo poco tempo percepiamo di essere sulla buona strada.
L’alimentazione richiama anche una pratica introspettiva, anzi un po’ la necessita. Se, ad esempio, diventiamo vegetariani per una decisione presa a tavolino e poi non applichiamo i principi di questa scelta nella vita di tutti i giorni, avremo degli scompensi.
Il primo principio è quello della non violenza che va applicato nella relazione con i nostri simili e con tutti gli esseri.
Il secondo fondamentale è l’attitudine verso chi ci ha creato, con un sentimento di gioia e di riconoscenza che cambia la percezione del cibo. L’atto di cucinare e mangiare diventa un veicolo straordinario di relazione con Dio e come conseguenza diretta cambia anche la nostra relazione con gli altri. L’alimento è un dono prezioso, proprio perché veicolo di comunione e come tale val la pena di considerarlo. Se il cibo è fine a se stesso e orientato alla sola gratificazione dei sensi, si partecipa a una minima parte del vero piacere. Come se contemplando un paesaggio idilliaco, a un certo punto spegnessimo la luce.
Queste regole, dettate in particolar modo dai testi sacri, non sono limitative, ma rappresentano la verità in senso ontologico. Il sentirsi limitati non mangiando un alimento è limitante solo per la gratificazione dei sensi, ma è più interessante invece per una gratificazione più elevata.
Mi rendo conto di come una cucina priva di violenza sia più completa di una che la contiene. Mangiare il foie gras, per fare un esempio estremo, è un atto dai contenuti talmente negativi da restringere il nostro orizzonte a un paesaggio senza luce.
La pseudo rinuncia è in realtà un punto di partenza verso vette elevate.
Il testo che è stato più illuminante per me, nelle scelte alimentari, ma non solo, è la Bhagavad-gita – il canto del Beato – che a ogni domanda che possiamo porci dà una risposta. Krishna – Il Signore Supremo – ci suggerisce con quale attitudine alimentarci nei Suoi confronti.
È necessario riconoscere che il cibo è un Suo dono, che ci è stato dato per Sua grazia. Quando lo abbiamo preparato Glielo offriamo prima di mangiarlo e con preghiere lo ringraziamo. La preghiera cristiana ad esempio è “Benedici o Signore il cibo che sto per prendere, perché mi possa mantenere al Tuo Santo servizio”. L’alimento si trasforma allora in sostanza divina e uno straordinario strumento di comprensione, di relazione con Lui e di stimolo della Sua misericordia. I cibi offerti devono rispettare le Sue regole, principalmente la non violenza, e possono per questo essere frutta, verdura, cereali, latticini, acqua.
È straordinario mangiare con riconoscenza, assaporando ogni boccone e sentendoci in relazione con Lui. Il cibo, cucinato con tutte le attenzioni e offerto diventerà vero nettare e fonte inesauribile di piacere. Da Joia ogni servizio viene celebrato questo rito di purificazione.

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