I luoghi della memoria, viaggio a Vrindavana e altre notizie

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Cara amico, cara amica,
La memoria è uno strumento straordinario, in grado di immagazzinare una quantità di esperienze quasi infinita. È difficile situarla in una zona precisa del cervello, nemmeno immaginare come le nozioni siano riposte. In quale modo siamo in grado di attingere da esse, ricordando le figurine auto collanti appiccicate sul nostro letto di bambini, il vestito indossato durante il matrimonio, colore écru il mio con una cravatta sgargiante, il calore del viso, avvampato per il primo colpo di fulmine, il gusto di quella carota raccolta dall’orto di casa?
Da parte mia una affascinante indagine ancora ben lontana dall’essere svelata.
Ciò che in generale si è in grado di conoscere è infinitamente meno dell’ignoto, ogni ricercatore umile e quindi intelligente, si consola con l’assioma socratico “so di non sapere”.
La predisposizione giusta per iniziare ogni ricerca.
È affascinante vagare all’interno della memoria, magari sorseggiando un buon te verde con lo sguardo che si perde nelle fiamme del focolare, i ricordi più reconditi allora, quelli sprofondati chissà dove, riemergono. Si generano grazie al nostro stato di rilassamento e alla non aspettativa. L’emerso poi risulta essere sempre utile, quindi con uno scopo.
Un altro aspetto che osservo è come, a seguito di necessità e di priorità, l’immenso bagaglio è riordinato, il superfluo riposto da qualche parte in fondo al sacco, l’elemento necessario spostato verso la superficie.
Come ha poco senso mangiare troppo per poi dover smaltire l’eccesso, altrettanto è poco opportuno bombardare il prezioso strumento di contenuti nocivi o inutili, forse un giorno potrebbe saturarsi e andare in tilt. Vale la pena invece nutrire la mente con ingredienti che migliorano la qualità del bagaglio, fatto non solamente di nozioni teoriche ma anche pratiche.
Le prime legate alla scelta di testi e di insegnamenti che arricchiscono, a scambi con persone preziose. Le seconde più legate ai sensi di percezione, con esperienze costruttive, nutrendo la memoria di buone immagini, buona musica e buon cibo.
Una caratteristica ulteriore che noto nella memoria è la trasformazione del ricordo, spesso come a proteggermi, è ingentilito. Ad esempio di una persona scomparsa serbo gli aspetti più luminosi, dimenticandone magari gli angoli bui e le rigidità. Per inciso così fa anche la storia che ha la memoria corta, che con un meccanismo simile ma forse per altri scopi, è capace di trasformare personaggi, che hanno commesso atti atroci, persino in eroi.
Tornando al mondo della luce, noto infine come l’elaborazione non sia determinata da me ma come avvenga e basta, sempre per un equilibrio del mio stato psicologico, ogni giorno ringrazio per questa indispensabile funzione.
Questa è collegata all’esperienza che farò per la quale mi predispongo a gradi e non senza una certa fortuna. Ad esempio rispetto alla morte ho vissuto prima quella di piccoli esseri, sono avanti negli anni, e quando ero emotivamente più solido, l’ho toccata con mano con persone anche molto vicine.
Ciò non toglie che è necessario prepararsi a eventi impegnativi che prima o dopo arrivano, il metodo non sta nel guardare film che tritano esseri, così facendo al massimo si diventa insensibili, bensì sviluppare le facoltà interiori che rendono lucidi, solidi e amorevoli.
Così, rispetto al pellegrinaggio a Vrindavana, il vissuto si sta tingendo di rosa, le fatiche, le difficoltà, gli aspetti impegnativi come gli odori, il caldo torrido si sono affievolite.
Conservo invece le caratteristiche salienti, quelle che mi hanno aiutato ad aprirmi al non conosciuto e all’inconcepibile e a proseguire il viaggio verso la saggezza o presunta tale.
Non che ciò non sia possibile nella vita di ogni giorno, il viaggio ha però le caratteristiche di predisporre all’apertura, ogni situazione e incontro acquisiscono un senso preciso.
Ancor più in un paese come l’India la cui cultura ha al centro l’indefettibile legge del karma per la quale ogni azione è strumento di comprensione del proprio presente, utile a pianificare al meglio il futuro, determinato dalla qualità delle proprie azioni.
Sottostando, con la dovuta umiltà socratica, al Dharma, l’ordine cosmo etico al quale è determinante attenersi. Non è opportuno prendere in considerazione la stupidaggine tipica di questo tempo. Tentare di sottomettere la natura e dominare la vita (ancor meglio se quella degli altri).
Al contrario è proficuo entrare in sintonia con queste e, se non incontriamo una tigre che vuole a tutti i costi morderci una gamba, danzare con esse. Quella danza, che rispetta gli altri e noi stessi, apre il cuore, rende liberi, proietta alla dimensione trascendente e all’incontro con il Supremo.
Nelle descrizioni indiane rimaste in sospeso non le ho ancora raccontato del tempio dei pappagalli. Ogni giorno da 500 anni monaci che praticano uno yoga alchemico (non ne conosco le caratteristiche ma mi stuzzica capirne di più) perpetuano l’attività del fondatore della scuola.
Il Santo in meditazione scoprì il luogo dove Radharani, la compagna di Krishna, si appartava per giocare con i pappagalli che abitavano Vrindavana. Fece disegnare da un’artista dell’epoca la scena contemplata, che tutt’ora si può ammirare sul luogo e iniziò a nutrire i nobili pennuti . Da allora, in gran numero, alle 10 e alle 17 accorrono a banchettare nel cortile dell’Ashram. Un tempo arrivavano anche i pavoni che sono diventati rari, ne approfittano invece numerosi piccioni. Uccelli dalle stesse piume volano assieme, seguendo questo principio nel grande cortile tra di loro rimangono divisi, una garritante folla verde da un lato, una grugante folla marrone dall’altra.
Ci siamo seduti in silenzio a contemplare la scena ipnotica e inusuale. Si poteva percepire lo spessore del rito perpetuato per secoli, per nulla della dimensione materiale.
Improvvisamente e inaspettatamente si sono sollevati in volo, come disturbati da un elemento fuori luogo. Mi sono voltato, una delle partecipanti, come si usa fare nel tempo presente, li stava filmando. Subito redarguita dagli innervositi pennuti e dal sacerdote che l’ha apostrofata agitando una scopa per aria, visibilmente poco contenti del sacrilego exploit. Una volta riposto il telefonino gli amici bipedi si sono come per magia acquietati, e hanno proseguito la loro attività.
Il giorno seguente abbiamo visitato il tempio delle scritture celate. Due santi studiosi, Rupa Gosvami e Sanatana Gosvami, hanno abitato il luogo impegnandosi per decenni in pratiche ascetiche che hanno regalato loro preziose comprensioni, puntualmente trascritte su manoscritti.
Una buona parte di questi sono stati divulgati e si possono trovare nella letteratura Vaishnava. Per altri si sono resi conto come il loro contenuto non sarebbe stato comprensibile in questa epoca, segnata dalla discordia, da poca intelligenza e da insensibilità spirituale.
Decisero quindi di occultarli deponendoli sotto a una sorta di mausoleo, chissà quali segreti avranno celato, che voglia di sollevare la pesante lapide che li protegge!
L’anima del viaggio è stata la visita al tempio di Radha Damodara. Le Murti installate nella mia abitazione portano quel nome che ricorda quando Damodara, Krishna infante e birichino ne combinò una delle tante. Per punirlo la sua esasperata e Santa madre, Yasoda pensò di tenerlo fermo legandolo con una corda. Quando si accinse a farlo questa risultò essere troppo corta di venti centimetri. Yasoda ne congiunse un bel pezzo ma questa rimase sempre troppo corta degli stessi venti centimetri; così di seguito fino a quando Krishna, che è Dio stesso, per amore verso di lei, decise di lasciarsi legare. Il racconto di questi divertimenti (Lila) sono l’anima della pratica devozionale e sviluppano il gusto per il Divino.
Con una bella predisposizione ho partecipato alla messa, seduto accanto a me un caro papà con sua figlia che, dietro mia richiesta trasmessa a gesti, mi ha aiutato a sbrogliarmi nell’intonare canti che non conoscevo. Bella la democraticità nell’accesso alla trascendenza dove non contano posizioni sociali e ricchezze, di grande intralcio ognuno sa nel cogliere la purezza della propria anima.
Alla fine della cerimonia mi sono avvicinato ai sacerdoti che, saputa la particolare importanza per me dei luoghi e dopo lauta mancia, mi hanno colmato di doni e posto al collo una profumata ghirlanda che ho conservato e messo in bella mostra.
Radha Damodara è anche il luogo dove e Shrila Prabhupada, il fondatore del movimento Hare Krishna, ha passato molti anni. La grande personalità, una volta portati a termine i suoi doveri di padre di famiglia, si ritirò nel luogo a studiare, pregare e meditare, dalla mattina prima dell’alba a notte fonda.
Dopo anni di pratica si realizza e acquisisce grandi facoltà e riceve il titolo di Bhaktivedanta, il suo lascito orale e scritto è illuminante.
Nel 1965 a 68 anni, mosso da un desiderio del suo Guru decide, con 10 dollari in tasca, di attraversare l’oceano per portare all’occidente il gusto della Bhakti, il puro amore per il Supremo, per il Creato e per tutte le Sue creature.
Durante un peripezioso viaggio subisce due infarti, arrivato stremato a New York decide comunque di proseguire la sua missione. I suoi primi discepoli, erano i primi anni settanta, erano gli hippy dell’epoca, molti di loro hanno trasformato la loro vita e sono diventati a loro volta preziose guide per l’umanità. In pochi anni Bhaktivedanta Swami fonda templi in tutto il mondo, il movimento oggi conta decine di milioni di fedeli.
Radha Damodara è talmente prezioso che molti conclamati santi hanno scelto di farsi inumare in quel luogo, i loro samadhi sono presenti in gran numero. Ci siamo avviati al loro Parikrama, il rispettoso giro attorno a loro per omaggiarli. In mezzo a molte personalità, fondatori di potenti movimenti religiosi, spiccava la figura di un occidentale, barbuto, dal viso simpatico e dallo sguardo profondo e sincero.
Un luogo di immensa intensità permeato dalla forza di grandi persone che hanno donato la loro vita alla ricerca e alla divulgazione della Conoscenza. Tombe per la maggior parte molto semplici, qualcuna nutrita di molti fiori, altre abbandonate dando quella sensazione di “vestigia di tempi preziosi che furono”. Darsi tempo, soffermarsi porta sempre buone sorprese, ho ben pensato allora di staccarmi dal gruppo e di tornare sui miei passi.
Di fronte all’Acarya occidentale un Sannyasin, occidentale anche lui, aveva aperto la grata davanti alla sua immagine, offrendo incenso, fiori e preghiere. Incuriosito mi sono avvicinato, Shri Rupa Madawa si è voltato accogliendomi con un grande sorriso.
In un tempo non così breve, perché a un certo punto i compagni di viaggio sono venuti a cercarmi per capire che cosa fosse successo, mi ha raccontato la vita di Shrila Bhakti Gaurava, discepolo di Shrila Prabhupada e iniziatore di un movimento che conta numerosi templi in India e in Occidente.
Notevole anche la biografia di Rupa, americano di nascita a 16 anni si trasferisce alle Hawaii con tutto l’immaginario di paesaggi mozzafiato, surf, musiche e ragazze suadenti. A 18 anni incontra Gaurava che lo porta con se in India paese dal quale è conquistato. A 22 anni diventa Sannyasin e oggi a 54 anni continua la sua pratica missionaria, chapeau!
Con lui è nata una bellissima amicizia, ha fatto da guida a me e Rachele, la mia compagna, alla scoperta di luoghi che non avremmo mai conosciuto: la foresta dove le piante rimpiccioliscono invece di crescere, il tempio di Shiva, protettore di Vrindavana al quale chiedere il permesso di visitarla, il palazzo del re che, un luogo ameno sul fiume Yamuna che sarà trasformato in un museo per promuovere il sincretismo tra i vari movimenti religiosi. Con una caffetteria sulla terrazza che spero aiuterò a sviluppare.
Ci ha invitati a pranzo, che fatica mangiare da asceta per terra, con lui abbiamo incontrato persone dalle biografie ammirevoli, come un rinunciato che come seconda attività è professore di ingegneria nucleare. Esemplare il peso dato alle priorità della vita.
Sono tornato dai sacerdoti di Radha Damodara, tutti suoi amici che mi hanno sommerso di nozioni sulle loro pratiche, sulle origine delle divinità, una di queste auto manifestata, e naturalmente una seconda ghirlanda di fiori e Prasada in abbondanza (cibo sacro).
Siamo infine saliti al primo piano, oramai il luogo era diventato come casa. Prabhupada nel periodo iniziale risiedeva in una stanza dalla quale per accedere ai servizi doveva scendere da una ripida scala. Era anziano e fragile, gli offrirono di alloggiare nella stanza posta al pian terreno, quella da noi visitata e celebrata il giorno precedente.
Provi a immaginarsi cara e caro amico, dopo 6 anni passati nel luogo nei quali sicuramente non è ringiovanito, miracolosamente intraprende il viaggio sopra descritto. Da dove attinge le forze per attuarlo? L’età biografica è relativa, rispetto a motivazioni e fine.
Prossimo appuntamento con il caro Rupa presso il suo tempio in una sperduta valle dell’Himalaya. Luogo famoso per la raccolta di erbe spontanee medicinali, prossimo corso di fito cucina e farmacia, assieme a me e Rachele in quei luoghi?
Cordiali saluti
Pietro Leemann

Notizie in breve

Abbiamo appena iniziato un nuovo menu, dedicato al quasi inizio della primavera. Con i primi asparagi e fragole bio che sostituiscono cardi, scorzonera e pastinaca difficili da trovare per la qualità che auspichiamo.
Torna “Appunti di viaggio” impreziosito con il tartufo pregiato di Norcia, “Fonte della vita”, l’uovo apparente diventa un dolce a base di mango, ananas e cocco. Sperimentiamo per la prima volta la tuberina, una preziosa verdura che profuma di carciofo che si nasconderà “Sotto una coltre colorata”.
Un piatto nuovo al Joia ma antico nei miei ricordi; moltissimi anni fa lavoravo per Gualtiero Marchesi, dietro suo spunto creammo il diventato famoso “Raviolo aperto”. Lo abbiamo rivisitato in chiave vegetariana. L’ho chiamato “Aspettando Godot”, similmente alla pièce di Beckett è il sentimento che provo pensando a Gualtiero, quella sottile tristezza che si manifesta aspettando invano una persona amata.
Ho stabilito due date per il corso di erbe spontanee a Cerentino in Vallemaggia. Prima le raccoglieremo assieme a Rachele che ne spiegherà le caratteristiche funzionali alla salute. Le raccoglieremo, le cucineremo assieme e assaggeremo varie loro coniugazioni.
Le date il 22 aprile e il 13 maggio.
Valerio Massimo Visintin l’incorruttibile, mi ha gentilmente nominato nei suoi auguri per il nuovo anno. Pronto il sottoscritto afferma lui a emigrare in altra dimensione. Trovo i suoi articoli ricchi di humor e spesso nelle sue critiche ci azzecca davvero!
Uno spaccato di gioie e dolori della cucina contemporanea, questo nel prossimo notiziario in quanto mi piacerebbe approfondire il tema, osservando il nostro presente dai molti contrasti e contraddizioni. Naturalmente ogni opinione va osservata criticamente nella sua soggettività e nelle caratteristiche di chi la espone (la mia in primis), anche Visintin sottintende un suo personale pensiero che considera, si direbbe, maggiormente i mezzi che non il fine. Un fine invece, lo spero, alla base di ogni mio iter. Di là da ogni considerazione devo ammettere che mi è sempre più simpatico.

Previsioni sull’anno che verrà

Sulle cronache mondane, forse perché si ha tempo da buttar via, si parla con eccessiva enfasi dell’utilizzo degli insetti nell’alimentazione umana. Poveri noi, sembrerebbe che la proteina sia un grande problema nella nostra dieta.
Un tema inutile portato avanti e che rasenta il ridicolo, è molto più efficace e meno costoso procurarsi la proteina (per i vegetariani) dei legumi e dei cereali. Che schifezza poi mangiare polvere di scarafaggi, grilli e mosche, li lascio volentieri ai pennuti e alle lucertole.
C’è un tema che però va considerato, il cibo scelto plasma la coscienza, quale qualità determinerebbe un alimento che non ha mai fatto parte, se non in modo casuale e sporadico, dell’alimentazione umana?