La promessa mantenuta

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Ho conosciuto i vini di Nino Barraco molti anni fa in una degustazione e mi erano piaciuti molto, erano quelli che definisco dei vini che dialogano con chi li assapora.Un giorno decido di incontrare Nino, lo chiamo e gli chiedo se quando ripassa da Milano possiamo incontrarci. Dopo qualche mese finalmente riusciamo a incontrarci ed è così che inizia la nostra amicizia, quindi non solo parole di lavoro ma momenti di condivisione. Ecco che ben presto diventiamo amici, raccontandoci non solo delle evoluzioni nelle nostre rispettive attività, ma anche momenti di vita privata.

Nel 2004 Nino inizia il suo viaggio in modo naturale, andando tra i suoi pochi filari. Ogni giorno, quando entra nel suo vigneto e calpesta la sua terra, prova emozioni molto forti, sentendo vivo il suo legame con la Natura. In ascolto dei vigneti e di ciò che essi chiedono, nasce in lui l’esigenza e il desiderio di riuscire a creare dei vini che rappresentino quello scorcio della Sicilia chiamata Marsala, zona in cui ancora purtroppo c’è una grande spaccatura tra chi coltiva l’uva e le grandi aziende vinicole che producono vini di dubbia qualità.

Ogni anno ho promesso a Nino che sarei andato a trovarlo e nel Giugno 2021, finalmente, decido di farlo con la mia famiglia. Tornare in Sicilia, la terra che custodisce le mie radici.

“Era ora!” così mi dice mia moglie Silvia e anche Nino che mi ricorda che è oltre dieci anni che gli prometto questa visita e che, quindi, non crede alla mia venuta finché non mi vedrà in azienda.
Si parte da Malpensa con direzione Palermo, atterriamo e noleggiamo un’auto perché oltre allo splendido mare, ci piacerebbe visitare qualche posto, visto che questa terrà è ricca di storia, paesaggi, architettura e ancora incantevoli spazi incontaminati.
Appena arriviamo sull’isola, ecco tornarmi in mente tanti ricordi gastronomici: il famoso cannolo siciliano alla mattina, il pane cunzato o l’arancina come spuntino prima del pranzo, la pasta con il pomodoro fresco e le melanzane fritte….. quanti ricordi di prelibatezze pian piano riemergono alla memoria, un misto di sensazioni ed emozioni che sembravano perdute.

Già si percepisce il calore di questa terra.
Ritiriamo la macchina e ci dirigiamo verso Castellamare del Golfo dove abbiamo affittato un appartamento in una campagna vicino al mare. La casa è circondata da alberi di ulivi e di fichi, quell’immagine mi riporta a me bambino quando andavo a trovare la nonna e gli zii materni in campagna, circondata dagli stessi alberi che ora si stagnano davanti agli occhi.
Nonostante le mie origini siciliane, e le tante vacanze fatte in Sicilia, mi rendo conto che questa parte di terra è per me nuova.
Una piacevole scoperta ricca di luoghi interessanti e di un mare dai colori caraibici. Una vacanza alla scoperta di piccole spiagge e di meravigliosi posti come La Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, Erice, L’isola delle femmine……

È mercoledì mattina, siamo pronti a partire: direzione Marsala a trovare l’amico Nino.
Sono sicuro che non sarà la classica visita di una cantina, ma una esperienza che mi donerà molto e che mi permetterà di comprendere meglio la sua filosofia e il suo pensiero.
Una filosofia scritta in modo chiaro e a caratteri cubitali sul suo sito “La mia idea di vino non è un vino perfetto, ma un vino che sappia emozionare “

Dopo circa un ora di strada, arriviamo in una carrareccia che ci porta in azienda.
Gli onori di casa ci vengono fatti dal cane di famiglia e noi lo ringraziamo coccolandolo, poi ci viene incontro Barraco, scherziamo un po’ su quando tempo ci sia voluto per vedermi lì e poi siamo già pronti per iniziare la visita, ma ecco che riceve una chiamata: sono pronti per mietere il grano. Ci chiede scusa di quel cambio programma e ci spiega che in Sicilia funziona, in alcuni casi, ancora così. Avevano appuntamento due giorni fa, ma solo oggi i contadini sono disponibili e il grano è pronto, quindi ci propone, prima di iniziare la visita, di andare con lui ed è così che scopro che possiede anche dei campi di grano.

Tutti incuriositi lo seguiamo. Finita la mietitura ritorniamo in azienda, gli chiedo da quanto tempo possiede i campi di grano e come mai. Mi risponde che vede il suo futuro non solo come vignaiolo ma anche come agricoltore, gli piacerebbe tornare alle origini, essere e fare come suo nonno e suo padre, non solo vignaioli ma agricoltori. Ha sempre posseduto i campi che erano stati adibiti all’uva di Catarratto ed è proprio da lì che ha iniziato, purtroppo però ha dovuto espiantarli perché avevano preso la malattia chiamata “Il mal dell’esca” e visto che nel frattempo aveva acquisito altri terreni in altre zone più vocate, ha deciso di intraprendere questo nuovo progetto.
Un progetto a lui caro: “Sono un grande amante della pasta e sono molto esigente ed è per questo che, inisieme a mia moglie, abbiamo deciso di seminare il grano per la produzione di pasta”. È un grano antico la cui varietà si chiama Bidì, un frumento siciliano che appartiene a una rara varietà di grano riservato a pochi amatori che, rifacendosi alle proprie tradizioni tramandate da generazioni, coltivano ancora con passione i campi delle loro aziende agricole. Un grano importato dalla vicina Tunisia e che ha trovato un habitat naturale in Sicilia, tanto da acquisire caratteristiche organolettiche particolari e diventando un frumento tipico della regione con cui viene anche prodotto il più noto pane nero di Castelvetrano.

Iniziamo la visita entrando in cantina e grandi botti di castagno da 1000 lt subito ci danno il benvenuto, botto dove riposa il vino alto grado, un nettare prodotto seguendo la tradizione dei vini ossidativi.Di fronte vedo altre botti di castagno più piccole, da 200 lt, e domando quale vino stia riposando, è il Milocca che possiede una leggera dolcezza e dove note di caffè, caramello, cacao tostato e un sentore spiccato di ciliegia completano il bouquet.
Milena, anticamente Milocca, è una provincia di Caltanissetta dove si coltivano le gustose ciliegie e, visto lo spiccato gusto di ciliegie presente nel suo vino, ecco che Nino ha pensato di chiamarlo con il nome di questa cittadina.
Adesso arriva il momento di Altomare, un vino che racchiude idee e pensieri di Nino, la sintesi di 17 anni di ricerca e di vendemmie. Un vino che viene fatto con quattro vinificazioni differenti, ma anche con quattro epoche vendemmiali differenti e da quattro vigneti diversi. La prima vendemmia è quella anticipata da un vigneto a 30 metri dal mare, il cui mosto ottenuto fa una piccola macerazione che dura circa 48 ore. La seconda vendemmia si svolge nel vigneto di Castelvetrano dove le uve arrivano a completa maturazione. È la vigna più vecchia posta su terreni sabbiosi e terra rossa.
Una volta portate le uve in cantina vengono pigiate per poi subire una macerazione sulle bucce di circa 3 giorni. La terza vinificazione avviene da una vigna ad alberello di 44 anni e si raccoglie l’uva con una vendemmia tardiva per produrre un vino stile ossidativo.
Si portano le uve in cantina dove avviene la pigiatura e il mosto, rimasto a contatto con le bucce per 48 ore, viene fatto affinare in botti con una capienza di 1000lt. L’ultima fase viene fatta da un piccolo vigneto posto sull’altopiano di Marsala dove vengono raccolte le uve, portate in cantina e la fermentazione e macerazione avviene con il grappolo intero.

Le quattro vinificazioni affinano in maniera separata sino ad Dicembre, in un secondo tempo vengono assemblate in botti di rovere di Slovenia da 25 hl dove rimangono per 15 mesi. Il risultato finale è un vino che trovo essere molto buono con note di zafferano e nocciola con sentori agrumati pieni e profondi. Al palato è avvolgente, sapido, intenso.

Dopo aver assaggiato questo vino vedo dei contenitori di vetro e cerco di capire a cosa possano servire. Istintivamente penso che ci sia del vino per il consumo quotidiano della famiglia, ma, mi spiega che sono delle prove con fermentazioni o affinamenti in vetro. Ovviamente mi incuriosisce e così assaggiamo anche il Grillo, poi il Cataratto e infine lo Zibibbo. Sembra di assaggiare nettari differenti ma non è così. Tutte queste prove mi fanno pensare che il lavoro di Nino stiano prendendo una direzione molto interessante, perché il risultato nel bicchiere è buona e gustosa, quindi sono sperimentazioni che porteranno sicuramente importanti novità con ottimi prodotti.

Ci chiamano, è pronto da mangiare.
Saliamo al piano superiore e troviamo una tavola imbandita con una vista mozzafiato che da sulle vigne, in lontananza si intravvedono le saline di Marsala, considerate nel 2015 luogo del cuore dal Fai e che sono ancora attive e visitabili. Alla vista spicca anche il Monte Monaco che prende questo nome per via della sua forma: quella di un monaco inginocchiato con le mani giunte per pregare.
Nino mi spiega che è ciò che succede quotidianamente, lui la moglie e tutti i suoi collaboratori si siedono insieme intorno a un tavolo a pranzare.
Assaggiamo la pasta fatta con il suo grano, le mezze bussiate, una pasta di semola integrale e grano duro molito a pietra. È davvero buona ed è accompagnata da pomodoro crudo che arriva dal suo orto e origano, senza vergona chiedo il bis. In tavola troviamo tutti i vini e ogni commensale beve ciò che vuole.
Inizio con il Rossamare un rosato da uve Nero d’ Avola, si immagina un vino carico ma in realtà la sua freschezza e la mineralità avvolgono il palato, un rosato ricco e non banale con le note di spezie e amarena che ti accompagnano durante tutta la sua degustazione.

Passo ad assaggiare il grillo, la mia passione. Mi servo un bicchiere di quel vino dal colore profondo, avvicino il calice al naso e sorrido, lo riconosco è proprio quello che cercavo. Un vino che arriva da vigne che hanno circa 50 anni. La sua confettura, la nocciola tostata, le spezie, la mandarla, la sua sapidità e persistenza mi chiamano e mi fanno fare il bis, non ho saputo resistere. Un vino carico di sostanza, carattere e di identità, quella della Sicilia. È come offrire la città di Marsala in un calice.
Anche se la scaletta non è giusta, passo ad assaggiare lo Zibibbo, il Moscato d’Alessandria in versione secca. Spesso consiglio questo vino ai clienti del Joia che amano i vini profumati. I fiori, la scorza di arancia, il cedro, il limone, la nota di rosmarino finale accompagnano la persistenza e la complessità di questo vino.

Finito il pranzo e le nostre chiacchiere, prima di rimetterci in macchina, scendiamo sul piazzale. Nino fa togliere le scarpe ai bambini e gli propone di salire sul camion dove c’è il grano che è stato mietuto. Mi spiega, che i suoi genitori e nonni, lo facevano fare anche a loro quando erano piccoli.

Tutti i suoi vini raccontano del lavoro solitario di Nino e di e della moglie iniziato nel 2004, narrano anche di Marsala, del territorio e del rispetto della Natura. Utilizza solo uve autoctnone e loro lo ripagano dandogli vini di grande identità e personalità.

Questo viaggio mi ha fatto conoscere un pezzo di Sicilia molto generosa per i doni che offre, una terra dalle grandi potenzialità ancora inespresse e, in parte, non percepite dai suoi stessi abitanti. In un futuro spero in un cambiamento, mi piacerebbe trovare un territorio ripopolato e non abbondonato come adesso. Spero che i giovani comprendano il valore e la fortuna che Madre Natura gli offre e, al posto di preparare le valigie e migrare lontano come hanno fatto i nostri nonni, capiscano il valore di questa terra e che una parte ritorni a coltivare i campi che hanno ereditato prima dai loro bisnonni, poi dai nonni e dai padri. Sono una miniera d’oro, non dal punto di vista prettamente del denaro, ma dal punto di vista della libera espressione, dall’importanza del lavoro artigianale e manuale che ti da enormi soddisfazioni.

Grazie a Nino, alla moglie, alle figlie e alla sua squadra che ci hanno permesso di vivere una giornata ricca di emozioni autentiche, un’atmosfera perfetta che solo i veri siciliani sanno creare.