A casa di Josko Gravner
Il 27 e 28 maggio scorsi mia moglie Silvia ed io siamo andati a trovare Josko.
Per me non era la prima volta, ma per Silvia sì. Per me era molto importante farglielo conoscere, anche perché la mia proposta di matrimonio è stata fatta con la sua Ribolla del 2004. Mi piace vincere facile!
Ogni volta che incontro Josko, scopro sempre qualcosa di nuovo e questo perché sia lui che i suoi vini si raccontano nel tempo, in una sorta di svelamento lento.
Arriviamo sabato ad ora di pranzo e siamo subito accolti da Mateja, la figlia, con gli splendidi cani di famiglia. Ci accompagnano ad Hum, a pochi chilometri dalla cantina, già in territorio sloveno, dove alloggeremo in una vecchia abitazione dei nonni ristrutturata seguendo rigorosamente lo stile originale. Per la prima volta vediamo un vero “fogolar”.
Una volta sistemati, ritorniamo in territorio italiano e pranziamo tutti insieme: Josko e sua moglie Maria, la figlia Mateja e il loro amico Luca. Durante il pranzo parliamo molto e assaggiamo molti vini di annate diverse e mi rendo conto di essere felice perché il mio lavoro è una vera passione e un vero amore. Un lavoro che ti da l’opportunità di conoscere spaccati familiari con le loro memorie, tradizioni e narrazioni.
Il giorno dopo, di mattina presto, Josko ci viene a prendere con la jeep per accompagnarci in campagna a vedere un vigneto di ribolla, spiegandoci quanta fatica e amore per la terra richiedano le vigne. Forse è per questo che ama definirsi un contadino.
Vedo che non tutto l’appezzamento è impiantato; c’è ancora molto bosco e anche un grande stagno, cosa insolita e un agricoltura promiscua. Josko ci spiega che la monocoltura viene migliorata dall’integrazione con altre forme di vegetazioni, come diverse tipologie di alberi da frutta. La presenza di uno stagno perché la catena alimentare si nutre e il vigneto si arricchisce del contributo di insetti, uccelli e piccoli mammiferi e questo continuo scambio rende il vigneto vivo e dinamico e lo arricchisce.
Finita la visita nel vigneto, andiamo nella cantina delle anfore dove l’uva si trasforma in mosto e poi in vino. E quando parliamo di anfore e di come lui viva il suo mestiere di vignaiolo, Josko dice sempre: “Per trovare l’acqua pulita sono risalito alla fonte”. Il risalire la fonte significa per lui cercare sempre e una delle sue ricerche lo ha portato in Caucaso terra originaria delle anfore dove gli abitanti, i georgiani, sono anche maestri del far macerare il mosto a contatto con le bucce e a torchiare il vino in maniera manuale, con forza e gentilezza in modo da restituire al vino ciò che la terra ha donato all’uva.
Una cantina sobria dall’identità precisa, un ambiente curato dove la terra dona la giusta temperatura per tutta la durata della fermentazione. Un luogo magico con luci soffuse e con molte buche sotto le quali alloggiano le anfore chiuse, con un coperchio solo adagiato sull’apertura e nient’altro. Poi ci spostiamo nella cantina dove vien fatto riposare il vino – sette anni dalla vendemmia per i vini non riserva e quattordici per i riserva.
“Il non fare è la potente azione che, dopo tutto quel tempo, mantiene inalterata tutta l’essenza dei vigneti, della terra” così pensa e fa Josko.
Gli assaggi dalle botti ci riservano due grandi e piacevoli sorprese: una ribolla che è stata a contatto con i raspi e, quindi, con una spinta diversa dalle altre; un Sauvignon 2011 adatto a diventare riserva che sarà messo in commercio nel 2027.
Sono davvero molto contento di aver passato due giorni così intensi con Josko, è stato illuminante ascoltare i suoi racconti e aneddoti sul vino e sulla sua vita.
Una giornata non è sufficiente per poter realmente rendersi conto delle mille sfaccettature della personalità di Josko, un uomo che da cinquant’anni lavora la sua terra con un approccio che da una parte si rifà alla tradizione e dall’altra, invece, accoglie l’innovazione. Molte le sue idee e molte le rivoluzioni fatte e ancora, per lui, da fare. Testimonianza è il fatto che per ben tre volte la cantina è stata riprogettata, così come la sua amata campagna è stata ripensata per comporsi al meglio con il paesaggio. Una persona semplice, onesta, piena di passione per il suo lavoro e per i risultati di quel duro lavoro: splendidi vini.
Ecco arrivato il giorno della partenza, direzione Milano. A malincuore ci prepariamo e siamo pronti a salutare Lenzuolo Bianco, questo è il nome antico ove sorge la cantina di Gravner, ma ecco che riceviamo una proposta allettante: pranzare ancora tutti insieme, in famiglia. Josko promette che sarà un tavolo conviviale ma che non durerà troppo. Accettiamo con piacere e – tra una chiacchiera e l’altra, un bicchier di vino e l’altro – il tempo si ferma ma in realtà è già pomeriggio e bisogna partire. Ci mettiamo in macchina e mi rendo conto che il cuore è colmo di gioia e di emozioni.
Grazie Josko!